Possiamo fare a meno di figure professionali come quella del Counselor? Dipende…

Immaginiamo di aver deciso di sottoporci ad una dieta dimagrante per il nostro benessere fisico, con l’obiettivo di perdere peso. Magari saremo bravissimi e costanti nel seguirla. Ma quando proprio saremo stanchi e non ne avremo voglia? Quando non vedremo il risultato immediato e metteremo in crisi tutto? In questi casi, le professioni d’aiuto emergono in tutta la loro utilità nel fare la differenza. 

Il counselor è lì a farci ragionare su quello che ci sta accadendo, sul motivo per il quale stiamo mollando, senza far perdere di vista l’obiettivo, offrendo la sua professionalità ed empatia, per camminare al nostro fianco e non farci cedere nella tentazione d’interrompere il nostro processo di miglioramento.

I professionisti nelle relazioni d’aiuto si muovono delicatamente in questa dimensione di supporto, mantenimento della focalizzazione sull’obiettivo e condivisione.

Capita a tutti, nel corso della propria esistenza, di dover affrontare un periodo difficile e non sempre è possibile trovare dentro di noi o nelle persone a noi vicine le risorse per affrontarlo. L’intervento di un professionista si rende in tal caso auspicabile per poter affrontare i nostri problemi con maggiore consapevolezza. 

Il ruolo del Counselor consiste nel favorire lo sviluppo e l’utilizzazione delle potenzialità già insite nel cliente, aiutandolo a superare quei problemi che gli impediscono di esprimersi liberamente; inteso in quest’accezione, il counseling risulta chiaramente applicabile in qualsiasi contesto. Infatti, in funzione di questa sua prerogativa, si sta sviluppando in svariati settori; dalle aziende alle scuole, dagli ospedali all’ambito dello sport, con lo scopo di intervenire e migliorare i contesti di gruppo e relazione interpersonale.

Molto spesso le persone si limitano a stare meglio perché purtroppo percepiscono il bisogno di chiedere aiuto come una sconfitta, come un segno di debolezza. Si pensa infatti, erroneamente, di dovercela fare da soli, sempre e comunque. I risultati di questo pensiero sono delle zavorre che appesantiscono sempre di più il problema sfociando in un disagio che non fa altro di autoalimentarsi e peggiorare.

Il mio augurio è che ci sia sempre più apertura mentale riguardo a questa professione “emergente” (in realtà esiste da oltre 40anni) che altro non è un mezzo per migliorare la propria qualità della vita.

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